In un angolo pittoresco della città, il mio ristorante brillava come una gemma culinaria. La nostra fama si era costruita su piatti sofisticati, un’atmosfera accogliente e recensioni entusiaste. Ero orgoglioso, forse troppo, del successo che avevamo raggiunto. Ma come dice il proverbio, l’orgoglio precede la caduta, e la mia caduta sarebbe stata tanto comica quanto amara, tutto a causa di un menu boomerang.

In un momento di accecante autocompiacimento e, oserei dire, di avarizia, decisi di tagliare le spese di traduzione per il nostro menu. “Perché pagare per traduzioni professionali”, pensai, “quando la tecnologia moderna offre soluzioni tanto avanzate quanto gratuite?” Ah, quanta saggezza può essere celata dietro al risparmio di poche decine di euro! E così, affidai il compito di tradurre il nostro menu dall’italiano all’inglese e al francese a un traduttore automatico basato su intelligenza artificiale. Un errore, come avrei imparato, di proporzioni gastronomiche.

Il primo segno che qualcosa stava andando storto fu quando un cliente inglese scoppiò in una risata incontrollabile davanti al menu. La nostra specialità, “Spaghetti al pomodoro fresco”, era stata tradotta come “Spaghetti at the fresh tomato”, un’espressione che suggeriva un incontro casuale tra pasta e pomodoro piuttosto che un piatto cucinato. Ma questo era solo l’antipasto degli errori di traduzione che avevamo in serbo. Cioè, non in Serbo: sono bastati Inglese e Francese!

Gli ospiti internazionali furono accolti con un piatto che intendeva essere “Fettuccine al ragù di cinghiale”, ma che era stato trasformato in “Fettuccine at the wild boar’s sauce”, evocando l’immagine di un sugo selvatico che vagava libero nella natura, piuttosto che di un saporito condimento per pasta.

Ma il colpo di grazia fu la traduzione del nostro orgoglio, “Risotto ai funghi porcini”. In inglese divenne “Risotto to the pork mushrooms”, trasformando un elegante piatto di funghi in un improbabile incontro tra riso e suini. E in francese, “Risotto aux champignons de porc”, che non faceva che peggiorare le cose.

Le risate si trasformarono in articoli sui giornali, e i giornali in vergogna virale. “Il menu boomerang” del mio ristorante divenne un fenomeno su Internet, con la gente che affluiva non per la cucina, ma per fotografare gli strafalcioni e condividerli online. Ogni tentativo di correggere gli errori sembrava solo aggiungere legna al fuoco dell’ilarità pubblica.

La situazione raggiunse il suo apice quando un critico gastronomico, sotto copertura, visitò il ristorante. Il suo articolo non parlava della qualità dei piatti, ma si concentrava unicamente sui disastrosi errori di traduzione, concludendo che il mio ristorante era più adatto a un circo che a un quartiere dal richiamo culinario.

La clientela, un tempo affezionata e fiduciosa, cominciò a diradarsi. I nuovi visitatori venivano per la novità del “menu boomerang”, ma la novità si esaurì presto. Il mio ristorante, una volta considerato un gioiello della città, era diventato una barzelletta. Il tentativo di risparmiare poche decine di euro aveva minato l’intera reputazione dell’impresa.

Nel corso di questa avventura umiliante, ho imparato alcune lezioni preziose. La prima è che l’avarizia può costare molto più di quanto si risparmia. La seconda, che la fiducia nel progresso tecnologico deve essere bilanciata con un senso di cautela e rispetto per l’umanità e la competenza professionale. E, forse la più importante, che un buon risotto ai funghi porcini non dovrebbe mai, mai essere associato ai maiali.

In definitiva, il mio ristorante ha trovato il modo di rimettersi in piedi, ma a un costo. Abbiamo rinnovato il menu, questa volta con l’aiuto di traduttori umani, e lentamente ricostruito la nostra reputazione. Ma l’episodio del “menu boomerang” rimarrà per sempre una macchia nella storia del ristorante, un promemoria comico e caustico dell’importanza dei dettagli e del valore insostituibile dell’esperienza umana nella traduzione.

Così, cari lettori, la prossima volta che vi trovate a considerare un risparmio apparentemente innocuo, ricordatevi del menu boomerang del mio ristorante e chiedetevi: vale davvero la pena rischiare la reputazione per poche decine di euro? Io, per parte mia, ho imparato la lezione.

Questa storiella è stata sviluppata dal LLM GPT4: abbiamo qui voluto testare l’autoreferenzialità di GPT laddove “stimolato” su un suo cavallo di battaglia, vale a dire la capacità di tradurre tra lingue diverse. Gli esempi che ha portato non sono indicativi della effettiva abilità delle maggiori MT (ma malauguratamente diffusi da chi si fa tradurre i propri testi dal deleterio e frequente “a suo cuggino che ha stato a Londra due mesi a fare il barista quindi sa l’inglese”), ma è appunto interessante leggere di un’inconsapevole autoironia di cui è capace, malgrado sé, questo sistema di scrittura automatica da intelligenza artificiale.

Il prompt: “Ciao, scrivi una storiella di almeno 1000 parole intitolato “Il menu boomerang” in cui racconti di un ristorante molto quotato che per risparmiare poche decine di euro fa tradurre i suoi menu da un traduttore automatico basato su AI, ma questa fa errori di traduzione che rovinano la reputazione del ristorante, che viene sbeffeggiato su diversi giornali per questi errori e per questo perde molti clienti, finendo fuori moda. Nel corso della storia fai emergere qua e là diversi errori di traduzione che la MT fa sulla traduzione dei menu in inglese e francese. La voce narrante sei tu, nel ruolo del proprietario del ristorante, e lo stile narrativo è divertente. Includi anche una battuta giocando sul doppio significato di “in serbo”.”

Altri contenuti – questi seri! – sugli errori di traduzione nei menu dei ristoranti: la tesi di Alessandra De Giorgi e Antonella Di Noia, e il relativo articolo apparso sul nostro blog qualche anno fa.

 

A cura di InnovaLang, agenzia di traduzioni Torino. Mettici alla prova, chiedici un preventivo!

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