Spanglish, a new American idioma

Federico Perotto
Education et Sociétés Plurilingues n° 11 – dicembre 2001 (pp. 34-37)

Spanglish, a new American idioma - Federico Perotto

Spanglish, a new American idioma

Nous rendons compte brèvement ici d’un nouveau phénomène linguistique, qui laissera probablement sa marque sur les conventions communicatives aux Etats-Unis d’Amérique et au-delà : le spanglish, mélange argotique né de la rencontre entre la langue anglaise et l’espagnol des immigrants venus de l’Amérique Centrale.

We account here for a new linguistic phenomenon, which will probably leave its mark on the conventions for communication in the United States of America, and not only there. Spanglish, a slangy mixture born of the encounter between the English language and the Spanish brought by immigrants from Central America.

Il 26 settembre 1959 M. Maurice Rat scrisse per il giornale France-Soir uno dei suoi “Potins de la grammaire”, intitolandolo Français ou franglais?; ne traiamo il passo nel quale venne coniato il termine “franglais”:

L’élite des Argentins écrit et parie un français mêlé d’espagnol que le spirituel chroniqueur da “Quotidien”, le grand journal français de Buenos Aires, a proposé de baptiser le “fragnol”. Faudra-t-il appeler bientót “franglais” ce franjáis émaillé de vocables britanniques que la mode actuelle nous impose? (Etiemble, 1973, p. 48).

Dallo stesso impulso creativo che diede i natali al ventilato fragnol nonché al tutt’oggi dibattuto franglais, si sviluppa attualmente negli Stati Uniti d’America il cosiddetto spanglish, conio anch’esso riflettente due lingue, due culture: in questo caso la latinoamerica­na negli USA.

La realtà dello Spanglish

Le statistiche elaborate dall’ente preposto al censimento e alle stime demografiche negli USA, il Census Bureau, parlano chiaro: verso l’anno 2020 la comunità di lingua spagnola negli States costi­tuirà il gruppo minoritario più consistente, superando afroameri­cani ed asiatici, attestandosi intorno ai settanta milioni di indivi­dui. A conti fatti, sempre sulla base delle previsioni del Census Bureau, un quarto della popolazione statunitense sarà quindi di origine latinoamericana. Questa realtà si rifletterà sempre più su cultura e società americane, in modo determinante per ciò che concerne la lingua. Il processo è già in corso ed influenza pesante­mente alcune aree: in California, Florida, New Mexico e Texas lo spagnolo è una seconda lingua non ufficiale. In questi stati la sua presenza risulta evidente anche ad un osservatore distratto; consi­deriamo poi la presenza in tutti gli Stati Uniti di due canali televi­sivi e di più di 250 stazioni radio in lingua spagnola, il fatto che l’insegnamento bilingue inglese/spagnolo sia ormai una realtà acquisita in molte zone (lo spagnolo è usato da almeno il 70% delle famiglie “latino”), e che nei campus lo spagnolo risulta esse­re la “lingua straniera” più studiata e ricercata. Raccoglieremo in questo modo sufficienti prove della massiccia presenza di una lin­gua che, entrando così in profondità nel tessuto sociale degli Stati Uniti, si è forzatamente mescolata alla lingua dominante locale, dando luogo spontaneamente ad una parlata avente caratteri pro­pri di uno e dell’altro idioma.

Per identificarla, gli editori della rivi­sta Hopscotch trattante la cultura latinoamericana negli USA – hanno coniato il nome spanglish, riassumendo così efficacemente la peculiarità della contaminazione reciproca in atto. Reciproca, come è stato rivendicato dai difensori della purezza del castiglia­no, che considerano lo spanglish come un’impura equivocación, piut­tosto che gli anglofoni “invasi” da questa nuova ingombrante pre­senza linguistica: probabilmente (anche) perché il fenomeno non si limita ai confini statunitensi, ma intacca alcuni slang parlati nel vicino Messico. Per gli otto milioni di ispanici a nord del confi­ne, lo spagnolo rappresenta un legame collettivo, un collante sociale, una comune memoria storica, mentre è la conoscenza del­l’inglese la chiave utile ad aprire le porte del successo economico e sociale, e ciò porta immancabilmente alla creazione di ponti e punti d’incontro tra le due realtà.

Come accade solitamente quando si accorgono di trasformazioni all’interno della lingua, miopi accademici e polverosi puristi della lingua si scagliano contro questa novità, esattamente come faceva Don Chisciotte dello spagnolissimo Cervantes contro i mulini a vento: la lingua cambia, ed è possibile solamente studiarne e regi­strarne gli sviluppi, laddove i margini di controllo attivo su di essa sono scarsi nel breve, e nulli sul lungo periodo. Quando poi tali trasformazioni avvengono in seno ad una società che ha fatto della multiculturalità il suo vessillo, non si può fare altro che osservare come nelle presenti comunità d’immigrati di prima e seconda generazione doppia nazionalità, culture sovrapposte e bilinguismo procedano di pari passo, dando vita a nuovi veicoli comunicativi intermedi.

Ciò che è in discussione non è l’esistenza dello spanglish: esso esiste ed è quotidianamente usato in vari ambiti. Ora si tratta di accettarlo e di gestirlo al meglio, sfruttandone le potenzialità invece di opporgli resistenza. La preminenza della lingua inglese non è in discussione, ma bisogna prendere atto che laddove l’uso di altre lingue minoritarie quali l’italiano, il tedesco, l’hyddish è costantemente calato perdendo d’importanza come strumenti popolari di comunicazione (a parte qualche realtà isolata, come nel caso del pennsylvaanisch dei discendenti degli immigrati tede­schi in Pennsylvania) lo spagnolo resiste, grazie alla vicinanza con Messico, Cuba, Portorico e il continuo flusso di immigrati da que­ste zone, fattori che ne mantengono vivo il contatto con i madrelingua.

L’evidenza del successo

In un’era dominata dalla tecnologia applicata alle telecomunica­zioni, un metro efficace di valutazione di un fenomeno del tipo qui studiato non può non tenere nella dovuta considerazione la ricor­renza dello stesso sulla Rete delle reti, Internet, e la sua importan­za nel business che ne consegue. Lo spanglish supera brillantemen­te questo esame, a giudicare dalle osservazioni desunte dal Web: “Cresce l’interesse per il popolo di navigatori ispano-americani, che oggi conta 3,1 milioni di utenti solo negli Stati Uniti. Sebbene infatti questi navigatori provengano dalle fasce di popolazione più povere, le imprese che operano nel settore dei siti portali credono nella prossima esplosione di questo mercato. L’intensa attività del colosso Terra, che ha stretto in questa settimana l’accordo con Lycos, dimostrano il valore del pubblico latino-americano. Gli studi infatti indicano che gli ispanici d’America si collegano ad Internet con una percentuale che oscilla fra il 32 e il 42 per cento, e prevedono che entro il 2003 arrivino oltre il 50%. Per questo motivo i guru del marketing stanno privilegiando sul web l’uso dello spanglish, vale a dire quel mix di inglese e spagnolo parlato dalla popolazione ispanica. Rimane il fatto che conquistare questo pubblico […] garantirà importanti successi commerciali alle impre­se che riusciranno prima delle altre ad imporsi, come ha dichiara­to il CEO di Todito.com (il maggior portale del Messico), Tim Parsa” (da www.goa.it/articles/Attualita’/344.html).

Vasta eco internazionale ha inoltre ottenuto lo sfrutta­mento commerciale dello spanglish da parte dell’industria discogra­fica, chiaro riflesso del successo popolare della tendenza “latinoa­mericana” che da ormai almeno dieci anni impazza nelle discote­che di tutta l’Europa. L’assenza di regole esplicite non ci vieta tuttavia di fotografare alcuni attimi lessicali di questa parlata, così come sono stati pre­sentati dalla rivista Hopscotch, da cui sono stati individuate più di seimila parole suddivise, dove possibile, come cubanism, mexicanism, chicanisms (vale a dire derivate a loro volta da forme miste tra inglese americano e messicano), iberianism, puerto ricanism. nyuorricanism (dalle parlate portoricane degli immigrati a New York), e cyber-spanglish (forme utilizzate prevalentemente sul canale Internet), e di cui viene rintracciata l’origine negli Stati nei quali sono state coniate.

Alcuni esempi

I termini spanglish non seguono tutti gli stessi criteri nella loro for­mazione: molti sono termini slang statunitensi semplicemente adattati foneticamente alle parlate latinoamericane, anche se l’ori­gine di essi non è unicamente inglese. Due esempi sono gli span­glish bom e el hud: il primo deriva dalla forma inglese “bum” (<boom, “esplosione”), il secondo dall’abbreviazione “hood” di nei­ghborhood (“vicinato”). Altri: dirìsimo e culísimo, adattamenti al super­lativo di “dear” e “cool”; Istlos è “East Los Angeles”, e Mexkimo indi­ca un messicano residente in Alaska. Non manca il termine per definire chi, di ceppo ispanico, si trova a metà strada tra due cultu­re: halfenado, da “half-and-half”, indica infatti una persona dall’iden­tità non ben definita a cavallo tra le due culture la cui mistura ha dato origine allo spanglish (Stavans, 1999).

Lo spanglish vive e pulsa per le strade del Sud degli USA, guada­gnando vieppiù spazio nella musica pop, soprattutto rap, in arte e letteratura: è solamente l’inizio di una esplosione annunciata, per il momento esso resta un codice di comunicazione orale, libero e per il momento ancora al di fuori degli standard di codificazione.