Europanto, nuova lingua europea

Education et Sociétés Plurilingues n° 8 – juin 2000 (pp. 53-63)
Simona GALLO e Federico PEROTTO

Europanto, nuova lingua europea - Simona GALLO e Federico PEROTTO

Europanto, nuova lingua europea

De europantica eloquentia. Europantico Instituto van Bricolinguistik sinds manige jaaros desnos propose eine defi­nitiva soluzio por eine efficace und piesante communicatio intra persons van differentes languages die bypasse Englanto: Europanto, de only lingua dat man can speake zonder estudy! Om europanto te spekare, te basta mixare alles wat tu know in extranges linguas. Wat tu know nicht, keine worry, tu invente. Wat come out importe nicht und el zal altime better esse dann ‘What-is-this? This-is-a-dog”.

No est englado, no est franzo, no est keine known lingua aber du understande. Si tratta dell’europanto, un mix di lingue europee su base inglese che non si studia, essendo già interiorizzato da chi conosce – anche solo superficialmente – almeno due tra le lingue dell’Unione Europea. L’europanto è stato codificato da Diego Marani, traduttore e interprete al Segretariato generale del Consiglio dei Ministri della UE, dove vengono utilizzate le tredici lingue ufficiali. Durante gli incontri informali, in un luogo tanto internazionale spesso capita che si comunichi con un veicolo intermedio, più semplice, proprio ed immediato in un ambiente poliglotta.

L’europanto è spontaneo, anarchico, vernacolare ed effimero, una lingua pidgin priva di regole. Per questa sua forma così contami­nata (nella forma usata da Marani comprende inglese, tedesco, neerlandese, francese, italiano e spagnolo) esso potrebbe prefigurare l’idioma infantile che un giorno parleranno i bebé europei. Ci si esprime secondo le conoscenze linguistiche internazionali che ognuno ha fatto proprie dai corsi di lingua come dalle istruzioni per usare i giocattoli (On e Off ne sono esempi lampanti).

Tanto le accademie quanto i fautori delle lingue pianificate descrivono l’europanto come un bel gioco, alla meglio, e come una volgare manifestazione di trasgressione linguistica, alla peggio; ma esso esiste, ed è vivo e vegeto, in pieno sviluppo da quando, nel 1997, è uscito dalle stanze di Bruxelles per comparire in articoli e racconti brevi umoristici sul settimanale belga Le soir illustré. È inoltre uscito di recente un libro in europanto Las adventures des inspector Cabillot.

L’europanto organizzato in primis da Marani è un codice di compor­tamento linguistico, una guida di composizione, un insieme di “precauzioni” da prendere per riuscire a comunicare con chi non parla la nostra lingua senza ricorrere ad una lingua ponte ben determinata. Esso è diventato il codice di comunicazione più originale su Internet, ed è proprio sulla rete che si trovano i fermenti europantici più interessanti. Una studentessa belga ha aperto un sito web, Premier site TAM (Toile d’Kraignée Mondiale) mondial, in cui raccoglie gli articoli che escono su Le Soir illustre e i racconti gialli dell’ispettore Cabillot.

Il suo nome richiama automaticamente all’Esperanto, anche se deriva, a detta dell’autore, da Euro e Panto, che in greco significa “totalità”. Gli esperantisti, snobbandolo, sostengono che Europanto is seen simply as thè hook on which to hang the Esperanto hat. Al fine di evitare elegantemente facili nonché sterili polemiche a riguardo, si può semplicemente rispondere che fra l’Esperanto e l’europanto c’è la stessa differenza che si osserva fra la musica elettronica ed il jazz.

Interessanti riflessioni sull’argomento sono state fatte da vari stu­diosi tra cui Emilio Garcìa Gòmez dell’università di València e il linguista Federico Gobbo; citiamo inoltre qui di seguito il Ministro dell’istruzione francese, Jack Lang, il quale, in L’amour de Babel, éloge du multilinguisme accoglie spiritosamente a braccia aperte l’idea di identificare la UE con l’Euro e con l’europanto, lingua che testimo­nia l’ibridamento delle lingue europee. Questa ricchezza va difesa cercando di spostare l’inglese, specchio della supremazia econo­mica degli Stati Uniti, dalla sua posizione egemone nella comuni­cazione intemazionale, rifiutando la cosiddetta “McDonaldizzazione” linguistica.

Lang elenca inoltre cinque condizioni fondamentali affinchè si possa realizzare il progetto di plurilinguismo in Europa:

  1. l’insegnamento di una seconda lingua etnica già in tenera età;
  2. l’apprendimento intensivo e multidisciplinare di questa seconda lingua;
  3. l’utilizzo di una terza lingua europea alle scuole superiori;
  4. il riconoscimento di diplomi di fine studio che valorizzino la padronanza delle tre lingue in questione;
  5. l’esistenza di un sistema internazionale di scambi tra gli insegnanti.

Europanto versus English

L’inglese è indubbiamente una grande lingua, portatrice di valori di civiltà e cultura, e il suo dinamismo non si potrà certo frenare. Ma il suo dominio a livello internazionale tende a schiacciare le altre lingue; beffando il trattato di Roma, la UE disprezza le regole che si è data, trasformandosi in cavallo di Troia della cultura statu­nitense. Nei testi fondamentali della Commissione Europea la parte redatta in inglese è passata in dieci anni dal 19% al 45%, mentre gli anglofoni di nascita non sono che l’8% degli Europei, percentuale inferiore a quella dei francofoni o dei germanofoni. La situazione peggiora se guardiamo alle grandi organizzazioni come l’ONU, dove l’80% dei documenti originali sono in inglese.

L’europanto per il momento si qualifica semplicemente come principio produttivo di una nuova lingua a venire, che potrà dare voce alla stragrande maggioranza degli europei, costretta a parlare (spesso male) inglese per comunicare. Come? Innanzi tutto, accelerando il processo di internazionalizzazione dell’inglese ed il suo estraniamento dalla cultura angloamericana. Si tratta, anziché di fare concorrenza all’inglese proponendo un’altra lingua, di far implodere l’inglese, scardinandolo dal suo interno, sfruttandone le forme già patrimonio comune della maggioranza degli europei, su cui è possibile organizzare una struttura di base.


L’importanza dell’europanto in una società plurilingue

L’Europa è aperta, multicolore e polifonica. Il plurilinguismo è la condizione principale per la sopravvivenza delle lingue nazionali e per l’interazione delle culture, oltre che un’esigenza morale, cultu­rale ed economica, iscritta nella decisione della UE sulla cono­scenza pratica di tre lingue etniche europee. L’Europa deve quindi promuovere un’ambiziosa politica linguistica fondata sul plurali­smo. Tuttavia, una volta instaurato un plurilinguismo diffuso, il processo spontaneo conseguente sarà di tendenza all’ ibridazione, poiché nel trasferimento di competenze dalla L1 a Ln (altre lingue) si registrano trasformazioni per analogia sulla prima lingua.

Quindi se la situazione di diglossia è funzionale, e il bilinguismo è attuabile, il plurilinguismo è invece difficile da raggiungere e man­tenere: l’ibridazione è una tendenza innata che fa parte di una deriva quasi fisiologica della nostra competenza linguistica. Già Dante Alighieri nel 26° Canto del Paradiso sosteneva l’uso pratico della lingua come principio fondamentale nella sua evoluzione: Opera naturale è ch’uom favella, ma così o così, natura lascia poi farne a voi secondo che v’abbella.

Preso atto di questa sua apertura culturale, non ci facciamo quindi scrupolo a prendere spunto da un passaggio particolarmente caro alla tradizione letteraria italiana, per fornire al lettore un esempio pratico di europanto:

Des meine life in medio van der way

Finde myselfin uno bosco scuro

De juste wey nesciente donde stay.

Dicere wat ich felte est mucho duro

Porque van de foresta racontante

De terrible horrore non enduro

Zo close was aan der morte sembiante;

aber te zegge el bene dat ich finde

zal ich descrive wat ich voyante.

Komrne ingehen racontar ne potest

Porque op un momento roupillante

Correcta meine weg hadde geloste.


Le miniere di significato

L’idea dell’europanto è quella di raggiungere la comprensione con tutti i mezzi possibili, ricorrendo alle miniere di significato a cui allude Marani: esse sono considerabili come universi semantici, non solo linguistici, condivisi da più culture, che producono quindi segnali comprensibili in lingue diverse. Per esempio il mondo del calcio, quello della pubblicità e quello dell’automo­bile sono miniere di significato. Nomi di giocatori, marche di pro­dotti e nomi di automobili sono contenitori che attraversano indenni le frontiere linguistiche.

La facilità di spostamento e lo sviluppo dei mezzi di comunicazio­ne ci consentono oggi di entrare più spesso in contatto con perso­ne che non parlano la nostra lingua. Ed è allora che va sfruttato quell’immenso bagaglio lessicale comune di cui non ci rendiamo neppure conto, ma che ricerche attuali come, ad esempio, lo Usage Dictionary of Anglicisms in Selected European Languages (UDASEL), diret­to da Manfred Görlach, scoprono in tutta la sua ampiezza e la sua potenziale efficacia comunicativa. Pur senza sapere il tedesco, molti europei sanno che cosa vogliono dire Zimmer, Putsch, Leitmotif, Foehn, Kaputt, Bunker, Reich, Bundestag. Esiste un patrimonio di paro­le di varie lingue che sono diventate intemazionali e che possono costruire il vocabolario di base dell’europanto.

Sviluppo dell’europanto

Inizialmente esisteranno diverse varianti di europanto, destinato per sua natura a contenere diverse parole per uno stesso significa­to, e a coprire campi semantici dai confini non sempre ben defini­ti. Solo l’uso ne potrà fare uno strumento effettivo di comunicazio­ne. Una volta attuati la selezione dei termini, l’assestamento delle forme grammaticali, la stabilizzazione della pronuncia e la codifi­cazione delle regole, processi d’altra parte già in atto, come nei casi di specializzazione intralinguistica spici, termine tedesco utiliz­zato nei mercati finanziari per esprimere il concetto di “gioco spe­culativo”, e acquis, parola francese la cui traduzione letterale in ita­liano è “acquisito”, usata nei documenti e nel linguaggio dei fun­zionari della UE, traducibile correttamente solo con una perifrasi: “tutto ciò che è stato acquisito a livello di legislazione comunitaria dal 1958 a oggi”, procedimento di costruzione del discorso in europanto è modu­labile a seconda dei parlanti. In un contesto di parlanti germanici si opterà per una miscela di lingue germaniche, mentre in un con­testo di parlanti romanzi si opterà per una miscela di lingue neola­tine. L’inglese funge comunque da fondamenta, fornendo le cer­niere del discorso.

Senza essere ancora una lingua vera e propria, l’europanto esiste. Ma è ancora inafferrabile e volerlo descrivere oggi e scriverne la grammatica sarebbe come voler fotografare un albero di cui si è appena piantato il seme. Anziché accanirsi in questo esercizio tanto forzato quanto prematuro, è invece più utile seguire ed osservare la crescita dell’europanto, occupandosi solo in un secondo tempo di analizzarne le forme. Come per ogni lingua, prima viene il parlato, poi la norma. Citando Alessandro Bausani (Le lingue inventate, p. 51): “Una qualsiasi lingua inventata sia essa sacrale, o di tipo giocoso/infantile o altro, è un approccio al problema della lingua. È uno smontare e cambiare gli elementi del linguaggio, provando e riprovando i vari mezzi in strutture nuove, come un bambino che giochi con il meccano”.


Tredici lingue per una UE?

Nella percezione imposta da secoli delle lingue come sistemi- nazione, l’altro e la sua lingua sono percepiti come qualcosa di estraneo, lontano da noi, fuori da noi. Lo straniero è un altrove che si può visitare con curiosità turistica, ma da cui si deve sempre poter tornare indietro, e a cui non si può appartenere. Oggi invece, per costruire un’Europa dei popoli, è necessario che la gente dei nostri paesi si senta a casa propria anche al di fuori dei confini nazionali, riconoscendosi in un’entità più ampia. In fondo, l’impasse in cui si trova la costruzione europea è tutta qui: non si riesce – e pare non ci sia ancora una decisa volontà politica – a fare il salto che, dall’associazione di stati sovrani, porti ad una nuova formula di unione, in prima istanza comunicativa, fra i popoli.

L’unione finora ricercata fortemente è solo quella monetaria, governata e simboleggiata da un simbolo – euro – il cui nome tragicomica­mente ne rispecchia la disunità linguistica: un [‘euro] italiano è un [‘juro] inglese, un [o’ro] francese e un [‘ojro] tedesco.

Per essere europei bisogna sentire di appartenere non solo alla propria cultura d’origine, ma anche alle altre culture dell’unione. E la cultura passa per la lingua. Oggi, quando studiamo le lingue le chiamiamo straniere. Non è roba nostra, è un altrove cui ci rivolgia­mo per motivi turistici o professionali e da cui vogliamo poter ritornare. Non apparteniamo a quei luoghi. È questo che deve cambiare. L’Europeo di domani dovrà studiare in più lingue, cre­scere in mezzo a più lingue. È indifferente quali: ma è essenziale che egli si senta a casa propria in più paesi d’Europa. In questo senso, l’europanto può servire agli europei, diversi fra loro, di lin­gue diverse, con diverse percezioni della realtà.

Conoscere le lin­gue è indispensabile per entrare nella mentalità dell’altro e capire che non esiste solo la propria cultura. L’europanto può essere un utile punto di partenza per questo fine: esso è una lingua sponta­nea perché nasce dal parlare della gente. Il grande merito di Diego Marani sta semplicemente nell’averla raccolta ed averle conferito visibilità. Le frontiere sono una creazione artificiale, un’imposizio­ne, e la battaglia dell’europanto consiste nel mostrare che le lin­gue sono un patrimonio comune da condividere, al di là delle dif­ferenze e delle incomprensioni reciproche. Tutto ciò lo si può otte­nere attraverso un atteggiamento ludico e disteso.


La funzione ludico-educativa dell’europanto

Lo scopo fondamentale di questa lingua inventata non va comun­que oltre al divertissement linguistico, mistura di parole e di strutture grammaticali che chiunque con una cultura media e una cono­scenza minima dell’inglese può padroneggiare. Nonostante tali modeste pretese di partenza, l’europanto ha già suscitato reazioni e critiche ed è già inserito nella lista “International Auxiliary Languages”, tra il Frater di Pham Xuan Thai (1957) e l’Eurolang di Phil Hunt (1995).

Concordiamo con Marani nel preferire che l’europanto resti qual­cosa di indefinibile, uno strumento di liberazione linguistica, una palestra di comunicatività, un modo divertente per spingere i cit­tadini dell’Europa a non avere paura delle lingue, bensì ad avere la curiosità di impararle. E non solo l’inglese.

Gli slogan pubblicitari come l”’italiese” Du’ gust is megl’ che uan o come il Meri Christmas, pubblicità di una compagnia marittima di Helsinki, dove in finlandese meri vuol dire “mare”, o ancora nella denominazione della Renault Avantime, testimoniano che uno dei settori più produttivi di neologismi e certamente uno dei più viva­ci creatori di forme linguistiche si muove chiaramente, in chiave ludica, nella stessa direzione dell’europanto.

A parte lo stupefacente europanto parlato da Salvatore nel Nome della Rosa, l’esempio più eclatante dell’impiego di questa lingua lo si trova in Star Wars – Episode I, in cui viene parlato da due dei personaggi principali, Jar Jar Binx e Boss Nass. La scelta dell’europanto (qui chiamato Basic Galattico) in questo film non solo arricchisce di comicità i personaggi, ma cerca di dare un’idea di come potrà essere la lingua del futuro.

Bibliografia

BAUSANI, Alessandro. 1974. Le lingue inventate – Linguaggi artificiali, linguaggi segreti, linguaggi universali. Roma: Ubaldini.

ECO, Umberto. 1993. La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea. Bari: Laterza.

GOBBO, Federico. 1998. Dirlo in Europanto. Come nasce, funziona, come possiamo usare a scuola una lingua inventata di sana pianta, in “Italiano e Oltre” n. XII. Firenze-. La Nuova Italia.

MARANI, Diego. 1999. Les Adventures des Inspector Cabillot. Paris: Mazarine.

HAGEGE, Claude. 1995. Storie e destini delle lingue d’Europa. Firenze. La Nuova Italia, Scandicci.

YAGUELLO, Marina. 1991. Lunatic lovers of language. Imaginary languages and their inventors. London: The Athlone Press (Le fous du language. Des langues imaginaires et de leurs inventeurs, Editions du Seuil, Paris, 1984).

Webgrafia

– http://www.uchrony.be/europanto

– http://www.saltspring.com/brochmann/Writings/howesound