Gli errori di traduzione nei menù dei ristoranti
Agenzia Formativa tuttoEUROPA – a.f. 2015-2016
Corso di traduzione specializzata tecnico-scientifica
Autrici: Alessandra De Giorgi e Antonella Di Noia
Premessa
Abbiamo deciso di trattare l’argomento della traduzione dei menù poiché ci accomuna la stessa passione per l’enogastronomia, in tutte le sue sfumature, e l’esperienza di traduzione e revisione di alcuni menù.Tradurre un menù è un compito apparentemente semplice, per questo motivo spesso la traduzione è affidata a chi ha una conoscenza superficiale della lingua di arrivo, a un dizionario bilingue o addirittura a noti servizi di traduzione automatica, con risultati che da un lato strappano un sorriso, ma dall’altro sono spesso catastrofici. Entrare in un ristorante ed imbattersi in errori di traduzione del menù è abbastanza frequente, di solito la lingua che crea più problemi è l’inglese. Tali errori denotano spesso, oltre a una scarsa competenza linguistica, una mancata attenzione nei confronti del cliente straniero. Da un punto di vista professionale, tradurre questo tipo di testi richiede la stessa professionalità, gli stessi mezzi e gli stessi criteri di tutte le altre traduzioni, quindi una buona informazione preliminare sull’argomento, più quello che tutti già sanno: dizionari, glossari, enciclopedie, stampa specializzata, l’uso di internet. Una delle principali caratteristiche della gastronomia è la sua estrema varietà a seconda delle zone geografiche. Tradurre il nome di un piatto con la relativa terminologia è un po’ come tradurre un manuale tecnico. Per questo motivo abbiamo deciso di passare in rassegna alcuni menù e analizzare gli errori di traduzione presenti.
INTRODUZIONE
L’idea di questa tesina, come accennato in precedenza, nasce da una passione per la tradizione enogastronomica accompagnata da quella per le lingue e culture straniere. A tutti sarà capitato di andare all’estero, in un Paese di cui si ignora la lingua e la cultura, e di trovarsi in un ristorante, davanti ad un menù apparentemente tradotto in italiano, ma in cui non si comprende neppure la metà degli ingredienti elencati, rischiando così delle brutte sorprese. Di sicuro sarà capitato anche il contrario, ovvero che qualche turista straniero si sia imbattuto in menù italiani tradotti in maniera pessima verso l’inglese. Pertanto abbiamo deciso di prendere come riferimento alcuni menù di ristoranti italiani ricercati nel web e di analizzare la traduzione inglese che essi offrono.
Nella prima fase di ricerca è risultato evidente che non tutti i siti web dei ristoranti dispongono di una pagina web in lingua inglese. Soprattutto al sud Italia, infatti, la maggior parte dei ristoranti offrono soltanto una versione italiana del menù, mentre altri non dispongono neppure di un sito web. Una volta raccolto il corpus dei menù abbiamo iniziato ad analizzarlo, concentrandoci sulle diverse strategie di traduzione utilizzate, che per la maggior parte delle volte si sono rivelate poco adatte al contesto, e dunque poco chiare. Nella maggior parte dei casi, infatti, si è optato per quella che può essere descritta come la via più facile e comoda, ovvero la traduzione letterale delle pietanze con risultati incomprensibili al lettore di arrivo, a testimonianza della scarsa attenzione che viene dedicata alla traduzione, per la quale ci si affida sempre più a traduttori automatici o a persone poco qualificate.
È stato molto interessante notare come la cultura enogastronomica italiana sia molto vasta e che molti dei piatti che essa offre siano conosciuti nel resto del mondo con il loro nome italiano, a testimonianza di una tradizione che si protrae nei secoli. Tuttavia proprio questo rende difficile la posizione del traduttore, il quale deve sempre immettersi nei panni del lettore e cercare di fornirgli tutte le informazioni necessarie per metterlo nella stessa posizione del lettore di partenza, mantenendo comunque uno stile succinto e compatto.
Infine, per alcune delle traduzioni analizzate in dettaglio è stata fornita anche una proposta di traduzione, che a nostro avviso risultasse più comprensibile al lettore inglese.
Il corpus
Per creare il corpus di riferimento per lo svolgimento dell’analisi traduttiva, abbiamo scelto di consultare il noto sito web di recensioni TripAdvisor® . Inizialmente abbiamo definito i criteri per selezionare i menù che valesse la pena analizzare. Abbiamo quindi scelto di includere solo i ristoranti italiani tradizionali, escludendo tutti i ristoranti etnici, ristoranti fast food, bar e caffetterie. Una volta definito il target, abbiamo consultato i profili dei ristoranti e successivamente i relativi siti web, laddove presenti. All’interno dei siti, dopo esserci accertate della presenza di un menù, abbiamo controllato l’esistenza della versione inglese. Ci siamo concentrate solo sulla coppia di lingue italiano-inglese, poiché il numero di traduzioni nelle altre nostre lingue di studio, tedesco e spagnolo, si è dimostrato troppo esiguo. Abbiamo preso in considerazione sia i menù classici sia i menù degustazione, soffermandoci solo sulla lista dei piatti, escludendo la parte relativa alle bevande, caffetteria e vini. Il periodo di riferimento è stata la settimana dal 6 al 12 giugno 2016.
Per la prima parte del corpus siamo partite dalla lista dei ristoranti di Torino, ordinando i risultati per classifica, cioè secondo i voti degli utenti su un totale di 2639 ristoranti. Per la seconda parte abbiamo preferito non concentrarci su una singola città italiana, ma prendere ad esame menù di diverse città da nord a sud, nello specifico Trento, Roma, Milano, Palermo e Verona. La scelta di queste città è risultata casuale. La ricerca, infatti, è stata svolta su scala nazionale, ma sorprendente è stato notare come la maggior parte dei ristoranti del sud Italia non disponessero di siti web, o comunque non di menù bilingui.
Metodologia di lavoro
Il lavoro si è sviluppato in diverse fasi, dopo aver concordato i criteri comuni, ognuna di noi ha lavorato in autonomia sulla creazione del corpus e sulla sull’analisi delle traduzioni. Abbiamo definito la tipologia di errori e le strategie traduttive utilizzate da analizzare. Una volta scelti i menù da analizzare, abbiamo proceduto con l’analisi di ogni singolo testo. Non è stato possibile scegliere dei veri e propri criteri di analisi, in quanto la tipologia di documento presenta diverse variabili, che dipendono anche dallo stile in cui sono redatti i menù, che spesso cambia a seconda della tipologia di ristorante. In una fase successiva a quella di individuazione degli errori e analisi delle traduzioni abbiamo individuato delle macrocategorie di errori, e le abbiamo illustrate raggruppandole per somiglianza.
Qualche cenno storico sulla tipologia testuale presa in esame: il menù
Il menù è uno degli aspetti più importanti per un ristorante, Il termine deriva dalla parola francese “menu”, che significa minuto, e indica una breve lista dei piatti serviti. Ha origini antichissime, pare infatti che già ai tempi di Seneca, Petronio e Marziale, venisse letta ai commensali la lista delle vivande dopo aver indicato a tutti il posto a sedere. Fino a quel momento i menù erano affidati a calligrafi per i commensali di maggior riguardo, ma nella seconda metà del 1500 compaiono i primi menù stampati. Le cause che portano alla diffusione del menù sono due: l’invenzione della stampa e la diffusione del servizio alla russa rispetto a quello alla francese. Il primo menù scritto in lingua italiana apparve solo nel 1911, quando i Savoia adottarono l’italiano come lingua ufficiale di Corte continuando però a gustare i piatti della grande cucina francese. Nel corso del Novecento la carta si è diffusa gradualmente nella ristorazione mentre, dal Dopoguerra in poi, la parola menù è entrata a far parte definitivamente della cultura italiana.
1. LINGUE SPECIALI E STRATEGIE DI TRADUZIONE
In questa sezione della nostra tesi cercheremo di definire cosa si intende con il termine lingue speciali e tenteremo di capire se la traduzione dei menù può rientrare in questa categoria e perché. Bisogna ammettere che, come afferma Scarpa (2011:1) non esiste una terminologia unificata per descrivere le diverse varietà specialistiche all’interno di una stessa lingua, che quindi vengono denominate in modo diverso a seconda delle prospettive di analisi. Prendendo come riferimento la definizione di Cortelazzo (1994, p.8) una lingua speciale può essere definita come:
una varietà funzionale di una lingua naturale, dipendente da un settore di conoscenze o da una sfera di attività specialistici, utilizzate, nella sua interezza, da un gruppo di parlanti più ristretto della totalità dei parlanti la lingua di cui quella speciale è una varietà, per soddisfare i bisogni comunicativi (in primo luogo quelli referenziali) di quel settore specialistico.
Diversa è invece la definizione che ci viene data da Berruto (1987: 155-156) che opera un’ulteriore distinzione tra lingue speciali in senso stretto e lingue speciali in senso lato.
Simile è anche la versione proposta da Sorbrero (1993:239) secondo cui le lingue speciali includono sia le lingue specialistiche (ad esempio la lingua della matematica, della medicina, molto più specialistiche) che le lingue settoriali (ad esempio la lingua dei media), con un grado di specializzazione minore rispetto alle prime. In quest’ottica, quindi, anche i menù dei ristoranti potrebbero essere classificati come lingue speciali. Spesso, infatti, presentano termini tecnici, che risultano completamente, o soltanto in parte, oscuri alla maggior parte dei parlanti, e che possono essere divisi in diverse categorie: termini altamente tecnici, termini culturospecifici geograficamente circoscritti, che quindi fanno parte del patrimonio eno-gastronomico di un’area particolare, e termini che, invece, assumono diversi significanti in diverse aree della stessa Nazione. Tra i primi può essere annoverato il termine quenelle (quenelle di ricotta), secondo Hoepli (2011) “piccolo gnocco di carne o di pesce ripieno”, nel caso analizzato preso come riferimento soltanto in senso figurato per la forma oblunga. Dei termini geograficamente circoscritti, invece, fanno parte carne salada, salume caratteristico del Trentino, oppure Monte Veronese Ubriaco, formaggio tipico del Veneto. Nel primo caso, il senso generico risulta chiaro così come la categoria di cibo rappresentata, nel secondo, invece, la denominazione non risulta immediatamente comprensibile, in quanto si tratta di un formaggio noto soltanto in un’area precisa della penisola. Infine troviamo termini come friarielli, che risultano opachi ad alcuni parlanti, in quanto hanno significanti diversi a seconda delle regioni d’Italia e che possono essere descritti come le infiorescenze delle cime di rapa, ma tuttavia trattandosi di una lingua geograficamente circoscritta (regionalismi), non si riscontrano fonti ufficiali. Gli stessi vengono denominati broccoletti a Roma, cime di rapa in Puglia e rapini in Toscana.
Una volta appurato, dunque, che i menù dei ristoranti appartengono ai testi specialistici, possiamo occuparci della traduzione specializzata. Citando Chesterman (1997:175,186) in Scarpa (2011:204) ci sono quattro canoni che una traduzione deve rispettare per poter essere considerata tale: chiarezza, verità, fiducia e comprensione. Il testo tradotto, riprendendo Scarpa (2011:207) deriva dal testo di partenza, ma al tempo stesso ha una sua indipendenza nella cultura di arrivo, e presenta le caratteristiche di accuratezza/adeguatezza, fruibilità/accettabilità. L’accuratezza si basa sul criterio della completezza e può essere definita come (:178) “la trasmissione non distorta del contenuto referenziale del testo di partenza”.
La fruibilità, invece, non si basa sull’equivalenza tra testo di partenza e testo di arrivo, bensì rivolge la sua attenzione ai destinatari, per i quali il testo tradotto deve apparire chiaro e appropriato. Secondo Scarpa (2011:210), quindi, una traduzione può quindi ritenersi fruibile quando svolge lo skopos per cui è stata scritta. A questi due concetti possono essere accostati quelli di adeguatezza e accettabilità. Il primo è più orientato verso il testo di partenza (source-oriented), mirando, quindi, a mantenere i rimandi culturali di quest’ultimo; il secondo, invece, si presenta target-oriented, e dunque si pone dal punto di vista dei lettori e della fruibilità della traduzione stessa. Una volta chiariti questi concetti, possiamo passare ad esaminare i principali approcci traduttivi, proposti da Scarpa e riscontrati anche nella traduzione dei corpora esaminati.
La tipologia di traduzione maggiormente riscontrata è stata sicuramente la cosiddetta traduzione letterale, descritta come il metodo che tende a mantenere (2008:146)
gli stessi costituenti fondamentali del testo di partenza e adattandone le strutture sintattiche e lessicali alle norme e convenzioni lessico-grammaticali e pragmatico-stilistiche della lingua/cultura di arrivo. Tra testo di partenza e testo di arrivo si può quindi realizzare una corrispondenza concettuale e funzionale al livello della singola parola, del singolo sintagma o addirittura della singola frase.
Questa strategia traduttiva può essere adottata laddove la cultura di partenza e quella di arrivo risultino in qualche modo similari, prestando comunque la dovuta attenzione ai false friends, oppure ai termini che presentano riferimenti geografici. Quando la traduzione letterale non è possibile, in quanto non c’è corrispondenza uno-a-uno tra testo di partenza e testo di arrivo per motivi lessicali o morfo-sintattici, il traduttore ha diverse possibilità di riformulare il testo, utilizzando così una parafrasi del testo di partenza(2008:148)
dove l’appropriatezza di ciascuna soluzione viene valorata in base alla macrostrategia che governa il processo di traduzione e che è fissata in relazione alle circostanze in cui avviene l’attività traduttiva [..]. Si tratta in pratica di un processo di «riscrittura» del testo di partenza nella lingua di arrivo.
Questa strategia traduttiva risulta molto utilizzata per quei testi ricchi di rimandi culturali propri della cultura di partenza e lontani da quella di arrivo, che devono pertanto essere esplicitati o spiegati dal traduttore stesso cercando, come afferma Scarpa (2008:148) di garantire l’equilibrio funzionale tra il testo di partenza e quello di arrivo. La parafrasi risulta dunque molto utilizzata nelle cosiddette traduzioni comunicative, dove il lettore della lingua di arrivo assume un ruolo centrale e il traduttore deve cercare di azzerare il più possibile le differenze culturali tra lingua di partenza e lingua di arrivo.
La parafrasi racchiude al suo interno altre strategie di traduzioni, come la trasposizione e la modulazione. La prima viene descritta da Scarpa (2008:149) come parafrasi sintattica, che utilizza strutture sintattiche differenti per esprimere gli stessi concetti del testo di partenza. Riprendendo Scarpa (2008:149):
Le trasposizioni possono interessare le parti del discorso, […] i livelli dell’enunciato, […] la struttura dell’enunciato e la diatesi del verbo, […] la modalità, […] il modo e/o il tempo verbale e la sintassi dell’enunciato.
Questa strategia traduttiva viene prediletta nei casi in cui lingua di partenza e lingua di arrivo presentano strutture completamente differenti, per cui si rende necessario staccarsi dal testo di partenza e riformulare la frase tenendo presenti le strutture proprie della lingua di arrivo.
La modulazione, invece, viene descritta da Scarpa (2008:150) come la parafrasi semantica, in quanto nella traduzione compare una variazione della prospettiva. Uno degli esempi maggiori di questa tecnica è la traduzione antinomica. Anche questa strategia è maggiormente diffusa in presenza di lingue molto differenti tra loro, non tanto dal punto di vista sintattico, quanto da quello culturale.
Un’altra strategia traduttiva ampiamente riscontrata in questo lavoro è sicuramente l’esplicitazione, descritta da Scarpa (2008:151) come la spiegazione di ciò che è rimasto sottinteso nel testo di partenza attraverso. Questa tecnica si rende necessaria soprattutto nei casi in cui il testo di partenza si presenti ricco di informazioni culturospecifiche necessarie anche dal lettore del testo di arrivo.
Talvolta, però, qualora il testo di partenza presenti elementi culturali ben precisi e specifici di una determinata cultura ritenuti tuttavia irrilevanti per il lettore del testo di arrivo, il traduttore può decidere di optare per una eliminazione, producendo quindi una diminuzione dei costituenti della frase nella lingua target.
2. Menù
NOTA DI INNOVALANG: I menù dei corpora qui in analisi sono in questa sede stati rimossi dalla presentazione della tesina, come concordato con le autrici.
2.1.2 ANALISI DEL CORPUS
I menù esaminati offrono una varietà di stili. In alcuni casi rispettano lo stile succinto e compatto che contraddistingue questa tipologia testuale, mentre in uno dei casi presentati sono presenti brevi didascalie di accompagnamento alle pietanze. Ciò che non si può far a meno di notare è una certa e diffusa pigrizia nei confronti della resa del menù in un’altra lingua. Molto spesso infatti mancano le traduzioni della corrispettiva parte italiana, si notano quindi degli spazi vuoti, (vedi menù n°2, sezione formaggi, dove vengono riportati solo i prezzi e non i nomi dei piatti) o delle locuzioni, come ad esempio “antipasti, primi, secondi, formaggi”, che si sarebbero potute tradurre e invece sono state riportate in italiano, come nel caso del menù n°2. Oltre alle mancate traduzioni, gli errori più ricorrenti in parecchi casi sono dei refusi, dovuti alla disattenzione e a una mancata revisione finale, possibile anche con i più banali sistemi di scrittura. È il caso di current al posto di currant, tipical* anziché typical, grlled* scritto senza una i e potatos* senza una e , Fresch Beans* anziché French Beans. Piedmontaise cattle bread* tartare, oltre all’errore ortografico che trasforma il bestiame in pane, presenta un errore di traduzione vero e proprio.
Molto frequenti sono anche gli errori grammaticali, spesso compaiono articoli determinativi con sostantivi che non li richiedono, es. The bruschetta*, The Tre Galline* e sostantivi la cui forma plurale rimane invariata a cui viene aggiunto erroneamente il morfema finale –s, come spinachs*. È interessante fare alcune osservazioni per quanto riguarda le traduzioni delle categorie di appartenenza delle pietanze. Partendo innanzitutto dalla denominazione del “menù” stesso, Treccani, sul proprio sito internet, nella sezione dedicata alle domande degli utenti scrive a proposito della corretta grafia di “menù”: “Ancora oggi la scelta suscita dubbi, spartendo il campo tra chi vuole scrivere menu, per rispettare la grafia originaria della parola, giuntaci dal francese (e attestata per la prima volta nell’italiano scritto nel 1877) e chi preferisce l’adattamento menù, che dà conto, all’italiana, dell’accento tonico cadente sull’ultima sillaba. A questo proposito, già nel 1905 Alfredo Panzini scrive che se proprio dobbiamo usare il francesismo «scriviamo almeno menù». In questi casi d’incertezza, si consiglia di guardare come si comporta qualche buon dizionario della lingua italiana. Il Treccani.it, s. v. menù, sostiene che menù, adattamento della forma menu, «è più usato in entrambi i significati», quello gastronomico e quello informatico. Il GRADIT di Tullio De Mauro, invece, considera menù soltanto una variante di menu, mentre quest’ultima è considerata la forma principale. Infine il Sabatini Coletti.it cita soltanto la forma menu. Il GDLI di Salvatore Battaglia (ricchissimo e prestigioso dizionario storico della lingua italiana), viceversa, retrocede menu nella nota etimologica, recando a lemma soltanto l’adattamento menù.” Quindi si può concludere dicendo che entrambe le forme sono accettate e corrette.
Diverso è il discorso per quanto riguarda lo stesso termine in lingua inglese, poiché nei dizionari consultati viene riportato sempre e solo menu, Collins Concise English Dictionary riporta infatti l’etimologia: “19th Century: from French menu small, detailed (list), from Latin minūtus minute.” È anche accettato e usato il termine, sempre di origine francese, à la carte. Nel nostro corpus troviamo rispettivamente Tasting Menu(1, 3), The Menu(5), Our Menù(4), Carte Menu (6), Our Menus (7) e Menu (8), a parte il caso del menù numero 4, dove l’accento è un calco dall’italiano, per il resto si può concludere che tutte le grafie sono corrette. “Antipasti” viene tradotto starters (1, 7), e in un solo caso ors-d’oevre(5), per indicare il nome di un piatto. Il termine francese hors d’oeuvres è universalmente accettato e compreso, nel mondo anglosassone, anche se spesso è inteso più come stuzzichino che come antipasto.
Le traduzioni della locuzione “Primi piatti” sono varie, si passa da pasta and risotto (1), a first courses (3), fresh pasta(4, 7) e Pasta, Rice and Soups (5). La versione first courses risulta la più corretta e la più generale. Pasta and risotto e Pasta, Rice and Soups non sono errate, ma si passa dall’italiano che contempla una sola locuzione che comprende tutte le tipologie di piatti, a una lista di ciò che si trova nell’elenco delle pietanza. Nel caso di fresh pasta invece ci troviamo di fronte a un piatto che di fatto non contiene la pasta, ma è un risotto, quindi un più generico first courses sarebbe stato più appropriato.
“Secondi piatti” è tradotto sia come main courses (1, 7), sia come second course (4). Anche in questo caso entrambe le forme sono corrette, anche se diversamente dal sistema inglese che non distingue tra due portate principali, il sistema italiano invece sì, per cui la forma che più si avvicina e descrive meglio la concezione italiana di due portate principali, una successiva all’altra è senz’altro second courses. L’unico appunto da fare su first courses e second courses è sull’uso del plurale, poiché nei menù britannici course si trova sempre al singolare.
Per quanto riguarda i “Contorni” troviamo la traduzione sides (4), e vegetables (7). Side andrebbe accompagnato da un sostantivo, una buona idea potrebbe essere side orders. Nel caso di vegetables non si può dire che sia sbagliato, sebbene non sia proprio la stessa cosa, poiché si potrebbe considerare un iponimo di contorno, ma nel menù preso in analisi si riferisce al fatto che tutti i secondi piatti comprendono delle verdure al proprio interno.
Arrivando alla sezione dei dessert troviamo: “Carta dei dolci” tradotto con desserts (1), “Dolci della casa” Homemade desserts , “Fine pasto” Cheese board & Desserts e “I Dolci” Sweets & Desserts. Anche in questo caso è inutile tradurre una locuzione costituita da una sola parola con due parole, come nell’ultimo esempio, anche perché sweets solitamente non si riferisce al dessert, ma più che altro ai dolciumi. Un’alternativa che non è mai stata riscontrata e che invece è molto usata nella lingua inglese è after .
Un discorso a parte merita la questione del “Coperto”, che nel nostro corpus è tradotto con Service charge (6), cover charge(3), service(7), mentre in altri menù non inclusi in questo corpus abbiamo riscontrato cover, che però in ambito alberghiero si riferisce alle tovaglie, non proprio al coperto così come lo intendiamo in Italia. Service charge e cover charge non sono esattamente la stessa cosa, il primo si riferisce al servizio che il cameriere effettua, mentre il secondo al corredo del tavolo. In realtà spesso anche in italiano le due cose non vengono differenziate. In ogni caso la questione lascia gli stranieri interdetti, l’importante è segnalare questo costo extra, che lo si chiami in un modo o nell’altro.
Altra questione spinosa è la differenza tutta italiana di piatti di terra e piatti di mare, le cui traduzioni solitamente producono effetti comici. Nel nostro corpus, solo in un menù abbiamo trovato la differenziazione, ma oltre a “terra” e “mare” è stata aggiunta una terza categoria, “fuoco”. Le rispettive traduzioni sono Land, Sea e Fire. Proprio per la presenza di questo terzo elemento, la traduzione può essere accettata. Diversamente in inglese si è soliti indicare i piatti di sola carne con meat dish, quelli di pesce fish dish, o meat menu e seafood menu, la combinazione dei due invece è surf ‘n’ turf.
Entrando nel merito dei nomi degli ingredienti ci troviamo di fronte alle traduzioni dei diversi formati di pasta. Oramai nella cultura inglese sono largamente diffusi e conosciuti quasi tutti, ma nel nostro corpus, molti nomi si riferiscono a piatti tipici della cucina piemontese, e quindi riportano le nomenclature tipiche, vale a dire “plin”, “tajarin”.
Ad esempio nel caso di “Plin della tradizione pizzicati a mano”, nella traduzione compare la spiegazione del nome della pasta, che viene identificato con Piedmontese small Ravioli, che sono sicuramente più noti, a cui segue l’elenco degli ingredienti del ripieno fill up of Beef, Rabbit and Pork, non presente in italiano, e che probabilmente anche il lettore italiano non conosce. Anche gli “agnolotti” diventano ravioli, la differenza per un cliente straniero è minima, l’opinione più consolidata vuole che la distinzione si debba fare in base al tipo di ripieno: se è di sola carne ci troviamo di fronte all’agnolotto, se è di sola verdura o di verdura e formaggio (tipo ricotta) possiamo parlare di raviolo. Quindi usando il termine adattato beef ravioli, viene indicato il tipo di ripieno e la tipologia di pasta, ben nota al cliente straniero. In un altro caso viene aggiunto un attributo che denota il fatto che si tratta di un tipo di pasta propria del posto: Traditional torinesi ravioli.
Infine viene anche utilizzata la traduzione Piedmontese meat stuffed pasta, che indica che si tratta di una pasta locale ripiena di carne, si utilizza anche qui il termine più generico. Gli “gnocchi” sono tradotti in un caso con un iperonimo: dumplings, che include diverse categorie di pasta ripiena, soprattutto quella tipica della cucina orientale. Anche in questo caso si potrebbe mantenere il termine in italiano, che è ben noto agli stranieri, come accade nel menù 5 con potatoes gnocchi.
La traduzione di “tagliolini” è invece noodles, anche questi indicano solitamente un tipo di pasta orientale, di riso o soia, ma aiuta a capirne la forma, in quanto sono meno noti, quindi il termine specifico italiano viene rimpiazzato con uno più generico e funzionale, mentre i “tajarin” diventano Piedmontese tagliatelles, in seguito ad un adattamento, con l’aggiunta del morfema -s del plurale errato, o thin Torino noodles
Le asole, un tipo di pasta ripieno viene tradotto come eyelet, che sicuramente non fanno intendere si tratti di un primo piatto, poiché è la traduzione letterale dell’asola intesa come indicato su Treccani: “1. Anello in cui scorre qualcosa, o in cui s’infila un perno, un gancio, ecc. 2.Più com., orlatura di filo che si fa all’occhiello di un abito, dove si adatta il bottone; e l’occhiello stesso.”
Proseguendo nell’analisi, come già anticipato, la strategia maggiormente utilizzata è quella della traduzione letterale, adattando strutture lessicali e sintattiche anche dove non sarebbe possibile. Di seguito riportiamo alcuni esempi:
- Tagliatelle di ortica e tarassaco, crema all’uovo e lardo d’Arnad croccante
Homemade tagliatelle pasta of nettle and dandelion, eggs cream and Arnad bacon
In questo caso “Tagliatelle di ortica e tarassaco” viene tradotto con Homemade tagliatelle pasta of nettle and dandelion, dove forse sarebbe più appropriato semplicemente Nettle and dandelion tagliatelle,
- Tartare di carne cruda e insalata russa
Minced raw meat with “Russian salad”
Dove “insalata russa” viene tradotto letteralmente con “Russian salad” posto tra virgolette, che non direbbe nulla a un cliente stranire. In inglese è molto più comune Olivier salad, o potatoe salad.
III. Verdure del giorno
Assorted today’s vegetables
Qui sarebbe stata più corretta una traduzione ancora più letterale, è comune infatti l’uso dell’espressione Vegetables of the day.
- Savoiardo al caffè
Savoy biscuit steeped in coffee
I biscotti di Savoia non direbbero niente a un cliente di lingua inglese, sebbene il nome dei biscotti tragga origine proprio dalla regione della Savoia, mentre invece sono più conosciuti come lady fingers o sponge fingers.
- insalatina di pomodori e cetrioli
small salad of tomatoes and cucumber
Il diminutivo è stato reso con la costruzione aggettivo + sostantivo, ma non è propriamente la stessa cosa, infatti il termine insalatina non sta a indicare un’insalata più piccola, ma un “contorno sfizioso”. Una traduzione più corretta sarebbe stata semplicemente Tomatoe and cucumber salad.
- Tutti i dolci esposti nella vetrina davanti la pizzeria, sono freschi e prodotti in casa e almeno uno di quelli presenti è adatto a vegani e celiaci. Chiedete al personale.
All the desserts displayed in the glass pastry, are fresh and home made. At least one of those present is suitable for vegans and coeliacs. Ask the staff!
Lo stile inglese è sempre più asciutto di quello italiano, questa frase risulta lunghissima. Sarebbe stata più funzionale tradotta così: ‘La Capannina’ desserts (in the display cabinet) are fresh daily and homemade, at least one of those is vegan and gluten-free. Ask the staff!
VII. Gnocchi di stoccafisso con sugo marinaro
Stockfish dumplings with gravy seaside
Il sugo marinaro si riferisce agli ingredienti che compongono il condimento, solitamente qualcosa alla marinara o marinaro contiene frutti di mare e pesce. La traduzione letterale fa incorrere in un errore di significato, poiché seaside si riferisce a qualcosa di fisico, e significa litorale, costiero.
VIII. La bruschetta nasce come piatto povero
The Bruschetta was born as a poor man’s dish
Questo menù in particolare, come accennato in precedenza è ricco di didascalie discorsive. Ciò comporta un’esposizione maggiore al rischio di traduzioni errate, come ad esempio in questo caso. La bruschetta da piatto povero della tradizione diventa così il piatto di un pover’uomo. Per indicare l’origine povera di un piatto l’inglese ha il termine peasant food.
- Cosicché del Tonno e del Maiale, non si butta via nulla!
Therefore from both the tuna and the pork nothing is wasted;
Qui ci troviamo di fronte a un modo dire italiano, per l’inglese bisognerebbe o adattarlo o sostituirlo con un’espressione idiomatica equivalente, che effettivamente esiste: “nose to tail eating”. E quindi si potrebbe tradurre così: tuna and pork are nose to tail eating.
Per un tipo di testo in cui sono presenti molti riferimenti culturali, come nel caso dei menù, una strategia traduttiva molto funzionale è l’esplicitazione, grazie alla quale viene spiegato ciò che è rimasto sottinteso.
- La Gricia (guanciale fumè, cipollotto, pecorino romano, pepe nero)
(smoked bacon, onion, Roman sharp ewe’s cheese, black pepper)
In questo caso ci troviamo di fronte ad un’esplicitazione non necessaria, infatti il Pecorino è ormai riconosciuto anche all’estero, quindi inutile spiegare che si tratta di formaggio di pecora.
- Cartoccio di Funghi Porcini
Wild mushrooms baked in foil
Qui viene esplicitato il metodo di cottura, che è implicito per un italiano, mentre oscuro per uno straniero.
III. Agnolotti di Bue alla Piemontese
Beef ravioli with meat sauce
Anche in questo caso vengono esplicitati gli ingredienti che compongono il condimento della pasta, e inoltre viene eliminato il nome del piatto stesso, che si sarebbe potuto lasciare accompagnato da una parentesi esplicativa.
Una strategia molto simile all’esplicitazione, ma molto più ricca di informazioni è la spiegazione, ovvero un’esplicitazione più consistente generalmente effettuata in parentesi oppure servendosi di note a pie’ di pagina.
Uno degli esempi più significativi è quello rappresentato da un piatto tipico piemontese:
- La “nostra” finanziera
Traditional Piemontese “finanziera”.
(Stew of sweetbreads, chicken giblets, brain, cockscombs and mushrooms, prepared with vinegar and sherry)
In questa traduzione si assiste ad un’esplicitazione seguita da una spiegazione. Nella prima parte viene esplicitato di che tipo di piatto si tratta, cioè uno stufato, e poi, attraverso una spiegazione, vengono elencati i componenti che costituiscono il piatto.
- Tagliata di Fassona piemontese in crema di gorgonzola e noci con patate al forno
Slices of “Fassona” (Piedmontese breed of cattle) with a cream of gorgonzola and walnut and roasted potatoes
Qui compare la traduzione del piatto seguito da una parentesi, che spiega in dettaglio cosa significhi Fassona. Il termine si riferisce a una particola razza bovina, tipica del Piemonte, e che da una carne di altissima qualità, pertanto si è ritenuto opportuno aggiungere una spiegazione in parentesi.
III. Torcetti e Pasta di Meliga del Canavese con un calice di Caluso Passito “Sulé”
Torcetti and Pasta di Meliga (typical butter biscuits of Piedmont) with a glass of Caluso Passito “Sulé”
Anche in questo caso la spiegazione serve a illustrare gli ingredienti della Pasta di Meliga, anche se risulta incompleto, poiché il primo ingrediente fondamentale e particolare è la farina di mais. In questo modo la spiegazione serve a richiamare l’attenzione sul dettaglio che questi ingredienti appartengono alla tradizione piemontese.
- Bomba Calabra n’duia, funghi della sila, caciocavallo
Bomba Calabra ‘Nduia (hot salami), Mushroooms, Caciocavallo cheese
Il sostantivo “n’duja”, tipico insaccato calabrese, viene accompagnato da una spiegazione in parentesi, che chiarisce esattamente la categoria di appartenenza del prodotto e fornisce un’informazione in più sul fatto che si tratta di un insaccato piccante.
Molti sono gli errori causati da traduzioni inesatte, soprattutto per quanto riguarda i nomi di alcuni ingredienti che compongono i piatti.
Ad esempio, per la categoria delle verdure troviamo:
– agretti:garden cress, che invece è il crescione, al posto di opposite-leaved saltwort, opposite leaf Russian thistle, or barilla plant;
– porcini: wild mushrooms invece di Porcini mushrooms, che sono comunemente conosciuti col nome italiano;
– friarielli: green vinegar cabbages , che sono i sono i crauti, la traduzione corretta è Rapini, broccoli rabe;
– scarola: prickly lettuce al posto di Curly endives;
– finocchi: spring onions al posto di fennells.
Un’altra inesattezza è causata dal fatto che all’interno dello stesso menù la zucchina viene tradotta prima con la variante British English e poi con la variante di American English: courgette e zucchini. Anche la categoria del pesce presenta diversi errori o inesattezze: è il caso di: rainbow trout al posto di salmon trout; red tuna anziché blufin tuna, flying squid per moscardini e seppie che invece rientrano sempre sotto il nome di squid. Altre inesattezze riguardano marrow spine invece di bone marrow per il midollo, macaroons al posto di amaretto, plain pizza per la famigerata focaccia. Anche i taglieri di formaggi e salumi sono fonte di errori, infatti troviamo meat al posto di cold cuts e Cutting board with cold cuts laddove in realtà basterebbe parlare di selection of cold cuts. Le scaglie di grana sono state tradotte più volte come grana slices, quando è molto comune shavings nell’inglese.
2.2.2 ANALISI DEL CORPUS
Di seguito verranno esplicitate alcune considerazioni emerse a seguito dell’analisi dei corpora presi in esame. La prima annotazione che risulta da subito palese è la poca attenzione che viene posta alla traduzione di questo tipo di testi, in quanto se ne sottovaluta la sua importanza. Spesso, infatti, sono stati riscontrati dei refusi, degli errori di battitura che si sarebbero potuti evitare anche soltanto con l’aiuto di un correttore automatico, ormai presente su tutti i pc. Alcuni esempi sono: coldfish (anziché codfish) per baccalà/stoccafisso, Panna Cotta tradotto come Cream Caramel, oppure prezzemolo che diventa persil anziché parsley, o ancora tartufo che diventa trufle anziché truffle.
Un’altra osservazione che risulta evidente fin dall’inizio è la diversa traduzione di alcune categorie di appartenenza delle pietanze (antipasti, primi, secondi, contorni e dolci). Il sostantivo “antipasti”, ad esempio, viene tradotto sia con appetizers che con starter, dove il primo risulta però più frequente. In realtà entrambi i sostantivi sono corretti, l’unica differenza è che nel primo caso si parla di American English, mentre nel secondo di British English.
La locuzione “primi piatti” si riscontra talvolta come starter, altre volte come first course, e altre ancora come second course. La prima versione proposta risulta comunque quella più corretta, in quanto first course indica i piatti che vengono serviti dopo gli starters, che nella cucina italiana corrispondono ai primi. I secondi, invece, vengono tradotti con main courses oppure con second courses. Anche in questo caso entrambe le versioni sono accettabili; tuttavia la seconda meglio rispecchia la struttura dei pasti italiani, dove diversamente dal sistema inglese, non compare una portata principale, bensì due paritarie, con aggiunta di antipasto, contorno e dolce.
Un’altra questione piuttosto complessa riguarda la traduzione inglese dei vari tipi di pasta. Alcune volte, infatti, i nomi italiani vengono ripresi anche in inglese e accompagnati da un’esplicitazione oppure una spiegazione, altre volte, invece, non compare alcun chiarimento. In generale si può affermare che fettuccine, ravioli, spaghetti, tagliolini, pappardelle e linguine rimangono in italiano e non vengono accompagnati da alcuna spiegazione, quasi a indicare che quei prodotti sono già diffusi e conosciuti anche nella cultura di arrivo. Diverso è il caso delle tagliatelle, dove in inglese viene eliminata la dicitura italiana, sostituita direttamente da una spiegazione, e degli gnocchi, dove viene mantenuta la nomenclatura italiana, ma accompagnata da una parentesi esplicativa.
Per quanto riguarda, invece, le strategie di traduzione utilizzate, si possono fare le seguenti considerazioni.
La traduzione letterale sembra essere la strategia maggiormente utilizzata, anche laddove le culture delle due lingue in esame non lo permetterebbero. Di esempi in questo caso ce ne sono in abbondanza, che riporteremo di seguito.
- Filetto di triglia al profumo di timo su panzanella di verdure tradotto con
Fillet of Mullet with the scent of thyme and vegetable panzanella
In questo caso la locuzione “al profumo” viene letteralmente tradotta con “with the scent of”, dove forse sarebbe più appropriato semplicemente Mullet with thyme oppure Mullet seasoned with thyme
- Misto Pescato del giorno “griglia o forno”
Mix daily fished “grilled or oven”
Questo piatto presenta già nell’italiano una forma molto contratta e stringata, impossibile da tradurre letteralmente a causa delle differenze strutturali tra inglese e italiano. Nella lingua di partenza è stata utilizzata una sorta di metonimia, inserendo soltanto un sostantivo (forno) per indicare tutto il procedimento di cottura. Tuttavia, la stessa strategia non può essere utilizzata in inglese, altrimenti si rischia di intaccare la fruibilità del testo stesso. Pertanto un’alternativa potrebbe essere Grilled or backed catch of the day.
III. Fragranza al limone e meringa all’Italiana
Lemon fragrance and Italian meringue
Il piatto in esame è un dolce probabilmente con crema al limone e meringa, ma non risulta molto chiaro dalla dicitura italiana, che pertanto non può essere tradotta letteralmente in inglese. Ai popoli di lingua inglese sembrerà di mangiare il profumo, la fragranza al limone e una meringa. Risulta, infatti, poco chiaro anche il rapporto tra la prima (lemon fragrance) e la seconda parte (Italian meringue) della traduzione. Una possibile versione potrebbe essere Italian lemon meringue cake, che rispettando lo stile compatto tipico dei menù prende in considerazione anche la costruzione determinante/determinato, tipica dell’inglese.
- Semisfera lampone e cioccolato
Raspberry and chocolate Hemisphere
In questo caso la traduzione letterale riguarda il sostantivo semisfera, sinonimo di emisfero, e quindi tradotto con l’inglese hemisphere, che però viene utilizzato soltanto nell’ambito della geologia e non nel contesto culinario. Una proposta di traduzione per questo dessert potrebbe essere chocolate sphere with raspberry.
- Pescato del giorno sale o griglia
Catch of the day salt or grill
Ci ritroviamo di fronte a una versione italiana molto stringata e pertanto non perfettamente chiara e comprensibile. La traduzione di “sale o griglia” risulta, infatti, letterale e dunque inappropriata poiché sembra un’elencazione, dove i componenti della frase non hanno alcun rapporto tra loro. Una proposta traduttiva potrebbe essere catch of the day: grilled or in salt crust.
- Spaghettoni di Gragnano alla “Glauco”
Gragnano Spaghetti at “Glauco”
In questo caso si può rilevare una piccola imperfezione nella traduzione di “spaghettoni” con spaghetti, leggermente più sottili; viene però specificata l’area geografica di provenienza, altre volte omessa nella versione inglese. Tuttavia la modalità di preparazione del piatto viene tradotta letteralmente: la preposizione articolata “alla” viene infatti resa con la preposizione inglese at, equivalente dell’italiano, ma non adatta al contesto specifico. Il nome “Glauco”, che dovrebbe indicare gli ingredienti caratteristici del piatto rimane invariato anche nella versione inglese, rendendo il testo poco comprensibile. Sarebbe stato consigliabile esplicitare in parentesi gli ingredienti principali del piatto stesso, mantenendo comunque il nome del piatto (Glauco).
Un’altra strategia traduttiva ampiamente utilizzata è l’esplicitazione, che risulta adatta ad un tipo di testo come quello in esame, colmo di richiami culturali. Di seguito verranno riportati alcuni esempi.
- Fettuccine di Pasta Fresca Cacio, Pepe Schiacciato e Guanciale Croccante
Home pasta Noodles with Cacio Cheese, Crispy Bacon and Black Pepper
Il sostantivo cacio viene ripreso in italiano e fatto seguire da quello inglese generico per indicare la categoria dei formaggio. Cacio, infatti, è sinonimo di formaggio, ma è una variante utilizzata di norma insieme al pepe come ingrediente principale di uno dei piatti tipici della gastronomia romana, dove assume il significato di formaggio di pecora piccante. In questo caso, quindi, la versione inglese risulta ridondante, in quanto il cacio non è una varietà particolare di formaggio, ma allo stesso tempo imprecisa, perché non spiega il tipo di formaggio in questione.
Sempre all’interno di questa frase si può individuare un’altra esplicitazione, in riferimento al pepe, dove compare l’aggiunta in inglese dell’aggettivo black, non presente nella versione italiana, in quanto sottinteso. Nella tradizione culinaria peninsulare, infatti, il pepe nero è quello utilizzato di default. Una proposta di traduzione potrebbe essere Home made noodles with cheese, crispy bacon and black pepper.
- Gnocchi di Patate al Ragout
Potatoes gnocchi (dumplings) with meat sauce
In questo caso ci troviamo in presenza di due esplicitazioni: il termine “ragout” viene esplicitato in inglese con meat sauce, letteralmente salsa di carne. Per quanto riguarda gli gnocchi, invece, in un primo momento viene mantenuto il sostantivo italiano, in seguito comunque esplicitato, nonché spiegato in parentesi, dato che in lingua inglese compare un termine per indicare più o meno lo stesso oggetto. Volendo essere precisi, però, si tratta di un iperonimo, in quanto dumplings include diverse categorie di pasta ripiena.
III. Lasagne alla Giglio
Green or Red Lasagne Giglio style
In questa frase troviamo un’esplicitazione in inglese per le Lasagne alla Giglio, denominazione di difficile comprensione anche da parlanti italiani, in quanto non ufficialmente riconosciuta. In questo caso si assiste ad una doppia esplicitazione nella lingua di arrivo: la prima compare già nella spiegazione del tipo di lasagne (green or red) e la seconda nell’aggiunta della parola style, che spiega che Giglio non è una denominazione ufficiale di un piatto con ingredienti precisi e stabiliti.
- Penne all’Amatriciana
Short pasta with onion, tomato and bacon sauce
In questa traduzione si assiste ad un’esplicitazione seguita da una spiegazione. Nella prima parte viene esplicitato cosa siano le penne, ovvero di che tipo di pasta si tratti, e successivamente, attraverso una spiegazione, vengono elencati gli ingredienti che costituiscono il condimento della pasta stessa, scontati per il popolo italiano ma non per gli stranieri. Questo è un tipico caso di termini culturopecifici, di facile comprensione per gli appartenenti a una cultura specifica, ma non gli altri.
- Tonnarelli “Cacio e Pepe”
Tonnarelli with spicy ewe cheese and pepper
Si tratta, come accennato in precedenza, di un piatto tipico della cucina romana, dove il termine generico cacio, diventa invece sinonimo di formaggio di pecora. Pertanto, nella versione inglese, si assiste a una esplicitazione di tutti gli ingredienti del piatto. Addirittura il termine italiano cacio viene tradotto con spicy ewe cheese, menzionando tutte le sue caratteristiche, a differenza di prima, dove veniva descritto soltanto come cheese. Il termine “tonnarelli”, invece, rimane in italiano e non è presente alcuna esplicitazione e/o spiegazione. Una versione migliore sarebbe stata probabilmente Long pasta noodles (tonnarelli) with spicy ewe cheese and pepper.
- Spaghetti alla Carbonara
Spaghetti with Eggs and Fried Bacon
Similmente all’esempio riportato sopra, gli ingredienti della salsa vengono esplicitati perché risultano oscuri ad un popolo non italiano, per il quale invece sono addirittura scontati. Si assiste, quindi, contemporaneamente anche ad un’eliminazione del nome del piatto stesso, che si sarebbe potuto lasciare accompagnato da una parentesi esplicativa trattandosi di una pietanza ormai diffuso anche all’estero.
VII. ANCORA (pomodoro, mozzarella, tonno, cipolla, asparagi, uovo crudo)
ANCORA (tomato sauce, mozzarella, tuna, onion, asparagus, raw egg)
In questo caso il testo in analisi è il menù di una pizzeria. Si nota subito che l’italiano “pomodoro” viene esplicitato in inglese con tomato sauce, che in realtà appare più preciso. Tuttavia, sulla stragrande maggioranza dei menù italiani di pizzerie “pomodoro” risulta essere la denominazione ufficiale, anche se sta ad indicare la salsa di pomodoro.
Una strategia molto simile all’esplicitazione è la spiegazione, ovvero un’esplicitazione più consistente generalmente effettuata in parentesi oppure servendosi di note a pie’ di pagina. Di seguito vengono riportati alcuni esempi riscontrati nell’analisi del corpus in esame. Curioso è il fatto che tutti gli esempi in analisi sono stati tratti dallo stesso menù.
- Bocconcini di filetto con Taleggio e Gorgonzola
Cubes of filet with soft Taleggio cheese from northern Italy and Gorgonzola
Il sostantivo italiano “Taleggio”, formaggio conosciuto in tutta la Penisola, viene tradotto con soft Taleggio cheese from northern Italy, effettuando una spiegazione non soltanto del tipo di formaggio (soft), bensì anche della provenienza dello stesso, cercando così di dare al lettore target lo stesso numero di informazioni e conoscenze del lettore di partenza. Pertanto risulta però strana la decisione di non applicare nemmeno un’esplicitazione nei confronti del Gorgonzola, forse maggiormente conosciuto all’estero.
- Soufflè al Cioccolato “Black”
Black Chocolate Soufflè ( Soft Small Chocolate Cake filled with hot chocolate )
III. Soufflè al Cioccolato Bianco
White Chocolate Soufflè ( Soft Small White Chocolate Cake filled with hot chocolate)
Questi due esempi possono essere presi in considerazione in contemporanea, in quanto risultano molto simili tra loro. Come si può vedere, compare la traduzione del dessert seguito da una parentesi, che spiega in dettaglio di cosa si compone il piatto in questione. Il termine soufflè, infatti, di solito indica una pietanza a base di formaggio, quindi salata e non dolce, e pertanto si è ritenuto opportuno aggiungere una spiegazione dettagliata in parentesi.
- Risotto bosco nel cesto di parmigiano
‘Woods’ risotto is a melange of mushrooms, asparagus, and pine nuts contained within a parmesan basket
In questo caso viene fornita una vera e propria spiegazione, introdotta dal verbo essere (is) non soltanto degli ingredienti celati dietro all’italiano “bosco”, bensì anche di come il piatto verrà preparato e servito. Questo esempio è alquanto particolare poiché risulta molto discorsivo, contrariamente allo stile nominale che di solito presentano i menù.
- Battuta di Fassone Piemontese con scaglie di parmigiano e aceto balsamico su letto di insalatina
Beef Tartare (olive oil, lemon and salt) with parmesan flakes
Ci troviamo di fronte a un caso di eliminazione, in quanto l’attributo “Fassone Piemontese” non compare nella traduzione inglese, probabilmente considerato irrilevante ai fini della comprensione. Immediatamente dopo, però, compare una parentesi, a mo’ di spiegazione degli ingredienti con cui viene cucinata la carne stessa. Ancora oltre si trova nuovamente un’eliminazione, in quanto non vi è alcun accenno agli che accompagnano la carne, presenti invece in italiano.
- Sopressa Veneta con Provolone del Monaco, Monte Veronese Ubriaco e mozzarelline panate
Sopressa (Verona sausage) with cheeses Provolone, Monte Veronese and fried mozzarella
Il sostantivo “Sopressa Veneta”, tipico salume veneto, viene accompagnato da una spiegazione in parentesi, che chiarisce esattamente la categoria di appartenenza del prodotto. Tuttavia, immediatamente dopo, non viene fornita alcuna spiegazione/esplicitazione sul “Monte Veronese Ubriaco”, ma addirittura se ne omette l’aggettivo finale Ubriaco, parte della denominazione stessa del prodotto.
Altri errori che sono stati riscontrati nel corpus sono traduzioni inesatte e non perfettamente corrispondenti. Sotto questa categoria rientrano ad esempio “radicchio”, tradotto come chicory e non come red-leaved chicory, che sarebbe il giusto equivalente; “speck”, reso con speck ham e non con raw ham, che invece sarebbe più corretto. Il termine “scaloppine”, invece, viene lasciato in italiano, nonostante ci sia un corrispondente inglese (escalope).
Un altro errore riscontrato riguarda la traduzione di “contorni”, tradotto come besides, che secondo il dizionario online Oxford (http://dictionary.cambridge.org/dictionary/english/) ha come unico significatoin addition to somebody/something; apart from somebody/something. La traduzione corretta sarebbe stata dunque side plate. Sempre nello stesso menù si incontra la dicitura inglese To taste with vegetables, che dovrebbe essere l’equivalente di “a piacere anche con verdure”, dove però la costruzione inglese con il verbo all’infinito preceduto dalla preposizione to indica quasi un obbligo, un dovere. In questo caso la traduzione più corretta sarebbe stata on request also with vegetables.
In questa categoria potrebbe rientrare anche l’uso di iponimi, che contribuiscono a rendere la traduzione imprecisa. Un primo esempio potrebbe essere la traduzione di soft fruits per frutti di bosco, laddove l’esatto equivalente sarebbe berries o wild berries. Soft fruits, infatti, secondo il dizionario Oxford online (http://dictionary.cambridge.org/dictionary/english/) indica a general name for small fruits, such as strawberries, raspberries, and blackcurrants, that do not have a thick skin.
Un altro esempio calzante è la traduzione di “caponata di melanzane”, tipico piatto della tradizione siciliana con il generico vegetable, che sta ad indicare tutti i tipi di verdure e non soltanto le melenzane e non fa alcun riferimento alla modalità di cottura/preparazione delle verdure stesse. Un ultimo esempio è costituito dall’inglese tagliatelle per “reginelle”, tipo di pasta diffusa soprattutto nel napoletano simile alle tagliatelle, ma con delle arricciature sui lati.
CONCLUSIONI
A conclusione di questo lavoro si può dunque affermare che la maggior parte delle traduzioni risulta semantica e non comunicativa, come invece sarebbe auspicabile per la tipologia di testo in esame. La prima, infatti, in questi casi risulta quella più semplice perché si basa su una traduzione fondamentalmente letterale del testo di partenza, senza immedesimarsi nel lettore di arrivo, che potrebbe non conoscere la cultura di partenza e le sue particolarità, rendendo così il testo completamente incomprensibile a quest’ultimo.
Spesso, infatti, come accennato in precedenza, viene data poca importanza a questo tipo di traduzioni, che possono sembrare semplici, ma che invece nascondono diverse insidie, legate soprattutto alla cultura di appartenenza. Una delle difficoltà maggiori, infatti, è stata riscontrata proprio per la traduzione di quei termini culturospecifici che non possono essere tradotti letteralmente, ma che non presentano alcun equivalente esatto nella lingua di arrivo, in quanto designano concetti inesistenti nella lingua di arrivo.
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