Correva l’anno 2018, ancora un anno prima che aprissimo la nostra prima sede in Sardegna, a Cagliari, quando restai affascinato e colpito dal documentario “Balentes – i Coraggiosi” di Lisa Camillo, un filmato di denuncia contro le servitù militari nazionali e internazionali sull’Isola, e gli scandali ad esse collegati e mai sufficientemente divulgati, né tantomeno denunciati e condannati.
Nel 2022 uscì, a cura della stessa Lisa Camillo, un altro documentario “The Sardinian Factory of Death”, a presentare un comitato spontaneo che a Iglesias si batte da anni per chiedere la riconversione della RWM, locale fabbrica di armi di proprietà di una multinazionale tedesca. In dodici minuti vi si racconta come, organizzandosi, sia possibile opporsi a scelte profondamente sbagliate e cambiare il futuro.
Questo comitato spontaneo si è organizzato fino a diventare un catalizzatore di persone e imprese etiche e orientate alla pace, valore sempre più prezioso di questi tempi, costituendosi sotto il marchio WarFree, al quale InnovaLang ha presto aderito convintamente.
Abbiamo qui con noi Arnaldo Scarpa, co-fondatore e co-presidente di WarFree, per un’intervista in cui ci racconti di questa sfida e di questa avventura.
Arnaldo, prima di tutto parlaci un po’ di te!
Beh, prima di tutto devo dire che da solo non sarei riuscito a far nulla, la gran parte del lavoro di connessione e attivazione che c’è dietro la nascita di Warfree la dobbiamo alla Presidente Cinzia Guaita.
Per quanto mi riguarda, sono sposato e ho 3 figli tra i 18 e i 26 anni. Lavoro nella scuola come insegnante, da 35 anni, e di recente (a 58 anni) mi sono laureato in Scienze Filosofiche.
Fin da ragazzo ho fatto la scelta della nonviolenza e dell’obiezione di coscienza al servizio militare, assolvendo poi all’obbligo con 2 anni di servizio civile presso un centro di ascolto e una casa famiglia di Sassari, la mia città di origine.
Com’è vivere nel Sulcis-Iglesiente?
Il Sulcis-Iglesiente lo bazzico dal 1989, quando ho iniziato a lavorarvi, ma da pendolare, viaggiando da Cagliari. Devo dire però che mi sono subito innamorato della bellezza naturale di questo territorio, punteggiato da innumerevoli resti di archeologia industriale mineraria risalenti perlopiù al XIX secolo, spesso reinglobati da una flora piuttosto esuberante, e perciò ancora più affascinanti, per non parlare dei paesaggi costieri, ancora in gran parte selvaggi.
Ma il Sulcis-Iglesiente affascina anche per gli aspetti culturali e architettonici, sia quelli legati alla tradizione sarda riscontrabili soprattutto nei piccoli centri a vocazione agricola, sia molti altri, di importazione continentale, innestati sulla cultura sarda dai numerosi “colonizzatori” del passato, giunti a sfruttare le risorse metallifere dell’area di Iglesias: dagli antichi romani, ai pisani, alle multinazionali francesi, belghe, inglesi, ecc. del 800-900.
Devo dire, infine, che il Sulcis-Iglesiente lascia a bocca aperta per le sue ricchezze potenziali, di ogni genere, ma anche (negativamente) per lo stato di prostrazione economica, ambientale e politica in cui è progressivamente caduto da quando (anni 80 del ‘900) è terminato lo sfruttamento delle miniere, sostituito dall’industria dell’alluminio, in crisi praticamente da sempre e ora quasi completamente chiusa.
Viverci significa a volte dover aver uno stomaco di ferro di fronte a certi scempi ambientali causati da industriali senza scrupoli e dalle forze armate che sfruttano il territorio per i loro giochi di guerra, senza nessun rispetto né per la sua bellezza, né per i Sardi. Così come di fronte a certe situazioni di disoccupazione e di povertà, anche culturale, abbondantemente sfruttate da buona parte della classe politica locale e regionale.
Com’è nata WarFree?
Nel 2017, sconcertati e fortemente rattristati per il contributo che il nostro territorio dava alla guerra in Yemen, dove venivano usate contro i ribelli Houti, dall’Arabia Saudita, le bombe per aereo prodotte a pochissimi chilometri da Iglesias, dalla RWM. In quel maggio, abbiamo chiamato a raccolta la società civile iglesiente, sarda e nazionale e si è costituito il “Comitato per la Riconversione della Rwm”. Rwm Italia Spa è una società con sede legale a Ghedi (Brescia) ma di proprietà al 100% del gruppo tedesco Rheinmetall, uno dei più attivi al mondo nella produzione di armi da guerra, che attualmente sta facendo grandi profitti con le forniture per l’Ucraina, ma, nel passato ha fornito anche la Russia, oltre a vari altri paesi aggressivi e illiberali. Tutto con l’approvazione del governo italiano.
Nel 2021, dall’esperienza del Comitato Riconversione Rwm, è nata l’Associazione Rete Warfree – Lìberu dae sa gherra, che mette insieme produttori, piccoli imprenditori, professionisti e cittadini per promuovere un’economia di pace, civile, sostenibile e giusta con tutti gli anelli della filiera produttiva e di consumo, dai fornitori ai clienti finali.
Quante adesioni avete raccolto finora, e come è organizzata l’associazione?
Attualmente siamo 105 soci e socie, tra i quali più della metà sono titolari di imprese agricole, studi professionali e altre attività economiche che operano in Sardegna.
Ci teniamo che la nostra associazione sia prima di tutto una comunità in cui ci si conosce e si coopera, ma anche dove ci si forma insieme sui temi della sostenibilità e della responsabilità sociale.
Quali attività avete messo in campo ad oggi, e su quali state lavorando?
Fin dall’inizio ci siamo dedicati soprattutto alla formazione dei soci e delle socie sui temi dell’Economia Civile e della sostenibilità etico-ambientale, realizzando oltre una trentina di mini-corsi su temi specifici.
Inoltre, abbiamo elaborato e registrato, presso l’Unione Europea, il marchio collettivo “Warfree®” che contraddistingue, secondo la nostra Carta dei Valori, i prodotti materiali e intellettuali dei soci e delle socie. Si tratta dell’unico caso al mondo di un marchio che certifica la provenienza di un prodotto da una filiera che ripudia la guerra e promuove sostenibilità e responsabilità sociale.
È attivo un gruppo di soci esperti in diversi campi professionali che aiutano gli altri ad implementare nelle loro attività quotidiane, lavorative, sociali e personali, i principi del ripudio della guerra e della sostenibilità; abbiamo chiamato questo servizio interno “Sportello agile” (Smart Desk, in inglese). Da alcuni mesi è stato approntato il Warfreemetro, uno strumento online che consente di autovalutare il proprio grado di aderenza ai valori Warfree.
Come vedi gli attuali movimenti a livello europeo per il riarmo in chiave di “sicurezza” e “dissuasione”?
Il mio parere è che le sorti del mondo siano in mano a persone senza un minimo di “visione” del bene comune, ferme a considerare solo il tornaconto immediato personale o di categoria, o nazionale, senza rendersi conto che scelte come quella del riarmo europeo, oltre che aumentare il pericolo immediato per l’umanità attuale, condizionano pesantemente il futuro delle prossime generazioni e riducono le risorse necessarie per garantire equità e giustizia, in un mondo con sempre maggiori diseguaglianze sociali. Solo con uno sguardo lungo e con un’attenzione reale al bene di tutti si possono affrontare i problemi geopolitici in maniera costruttiva. Ogni guerra genera solo devastazione, dolore e rancore, e apre il campo ad altri conflitti.
Ci piacerebbe farvi da cassa di risonanza per attirare nuove sottoscrizioni: ci dici come si fa per iscriversi, e che cosa comporta?
Iscriversi è semplicissimo, basta accedere al sito www.warfree.net e compilare il modulo relativo all’adesione, oppure inviare una email all’indirizzo presidenza@warfree.net. La quota associativa annuale al momento è fissata in 35,00 € per i lavoratori e in 10,00 € per studenti e disoccupati. Ci teniamo però ad essere una comunità reale e non solo virtuale; perciò, facciamo in modo che i soci e le socie si conoscano personalmente e che interagiscano fra loro in vario modo, compresa una chat dove siamo tutti presenti e regolarmente ci scambiamo idee, opinioni ed emozioni.
Il progetto WarFree è anche aperto a persone e imprese fuori dalla Sardegna?
Sì, è aperto a chiunque condivida i principi indicati nella Carta dei Valori, ma per caratterizzare meglio l’adesione sotto l’aspetto comunitario, avendo constatato un certo interesse da parte di persone e gruppi della penisola e dell’estero, stiamo ponendo le basi per la costituzione di gruppi affiliati con una loro specificità territoriale. Così come il gruppo sardo è identificato dal motto “Lìberu dae sa gherra” scritto in LSC (Limba Sarda Comuna), anche gli altri potranno aggiungere al nome Warfree un motto nel loro dialetto/lingua locale e inoltre potranno avere un portavoce che considereremo membro aggregato del Consiglio di Amministrazione.
Avete qualche progetto in serbo per il prossimo futuro?
In questo momento, oltre alle attività di base, sono in pentola: – una “tre-giorni” universitaria a Iglesias, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze economiche, giuridiche e politiche dell’Università di Cagliari, rivolta ai partecipanti del dottorato nazionale in Studi per la Pace, una mostra artistica sul tema dell’attivazione per la Pace nel nostro territorio curata dalla Scuola Civica d’Arte contemporanea di Iglesias, un Laboratorio Nazionale sulla Riconversione Industriale, un Convegno nazionale per Giornalisti di Pace e ancora varie altre cose…
Che cosa ci vuoi dire per concludere?
Mah, ci potrebbero essere tanti aneddoti, ma vorrei dire soprattutto che, dalla costituzione dell’associazione, nel maggio 2021, ogni giorno ci stupiamo per la voglia che troviamo intorno a noi, in tanti amici, vecchi e nuovi, di aiutarci a lavorare concretamente per la pace, in tanti modi diversi, e questa intervista ne è un bell’esempio!
Grazie, e viva i Balentes di WarFree!